Capitolo Ottavo: Il Delitto

Nessuno gli aveva rivolto domande. Nessuno lo aveva fermato. Nell'isolamento sociale di un Tecnico, per lo meno, c'era quel vantaggio. Aveva usato il corridoio dei cronoscafi per raggiungere una porta sul Tempo, e subito aveva regolato i comandi. C'era stata la possibilita che qualcuno fosse giunto nello stesso momento, per qualche missione legittima, e si fosse domandato per quale motivo la porta fosse stata in funzione. Aveva esitato, e poi aveva deciso di lasciare il proprio sigillo sui comandi. Una porta sigillata avrebbe attirato scarsa attenzione. Una porta priva di sigillo in funzione avrebbe causato sorpresa e meraviglia.

Naturalmente, era esistita la possibilita che lo stesso Finge si fosse presentato davanti a quella porta. Ma si era trattato di un rischio inevitabile, da correre.

Aveva trovato Noys come l'aveva lasciata. Erano passate delle ore maledette (delle fisioore, naturalmente!) dal momento in cui Harlan aveva lasciato il 482° per rientrare in una solitaria Eternita, ma lui era ritornato nello stesso Tempo, pochi secondi dopo il momento in cui se ne era andato. Aveva trovato Noys nella stessa posizione, nello stesso atteggiamento.

Lei lo aveva fissato, sorpresa:

«Hai dimenticato qualcosa, Andrew?»

Harlan l'aveva guardata con infinito desiderio, ma non aveva cercato di toccarla. Aveva ricordato le parole di Finge, e non aveva voluto correre il rischio di scontrarsi con un rifiuto. Le aveva detto, rigidamente:

«Devi fare quello che ti dico.»

«C'e qualcosa che non va, allora? Sei appena andato via. Sei andato via in questo preciso istante.»

«Non ti preoccupare,» aveva detto Harlan. Avrebbe voluto prenderle la mano e confortarla, ma non gli era stato possibile. Le aveva parlato invece in tono secco, duro, come se un oscuro demone lo avesse costretto a comportarsi sempre nella maniera sbagliata. Perche era ritornato nel primo istante accessibile, dopo quello della partenza? L'aveva turbata, con quel ritorno immediato dopo il commiato.

(In realta, aveva saputo fin dall'inizio la risposta a quella prima domanda. Lui aveva avuto un margine di sicurezza di due giorni, secondo la Carta Spazio-temporale: e la primissima parte di quel periodo di tregua gli avrebbe facilitato il compito, perche ben difficilmente qualcuno lo avrebbe scoperto. La tendenza a concentrare tutti gli avvenimenti nello stesso Tempo era sempre stata una caratteristica di molti Eterni; anche se in quel caso Harlan aveva corso un rischio inutile, quello di arrivare con troppo anticipo, entrando nel Tempo in un momento precedente a quello dell'incontro tra lui e Noys. E che cosa sarebbe accaduto, allora? E che cosa sarebbe accaduto, se lui avesse sbagliato di qualche ora? Era stato il primo rischio dal quale lo avevano messo in guardia, come Osservatore: una persona che occupava due punti nello stesso Tempo della stessa Realta correva il rischio di incontrare se stessa. Per qualche oscuro motivo, si trattava di un rischio che doveva essere evitato. Perche? Fin dall'inizio, Harlan aveva provato un'istintiva riluttanza all'idea d'incontrare se stesso. Non avrebbe mai voluto guardare negli occhi un Harlan piu giovane o piu vecchio. Oltre a questo, ci sarebbe stato un paradosso, e, come Twissell aveva ripetuto spesso, 'Non esistono dei paradossi nel Tempo, ma questo accade solo perche il Tempo evita deliberatamente i paradossi'.)

E mentre Harlan aveva pensato confusamente a tutte queste cose, Noys lo aveva fissato negli occhi, attenta, preoccupata:

«Sei nei guai,» aveva detto.

Agli occhi di Harlan, quello sguardo era sembrato innamorato e dolce. Eppure aveva saputo che questo non poteva essere. Lei aveva ottenuto cio che aveva desiderato. Cos'altro avrebbe potuto desiderare da lui? L'aveva afferrata per i polsi, e le aveva detto, raucamente:

«Vuoi venire con me? Subito? Senza fare domande? Sei disposta a fare esattamente quello che ti dico?»

«E necessario?» aveva domandato lei.

«Si, Noys. E molto importante.»

«Allora verro.» Lo aveva detto con semplicita, come se fosse stata una richiesta normale, di tutti i giorni.

Quando erano giunti davanti alla gabbia del cronoscafo, Noys aveva esitato per un momento, e poi aveva fatto un passo avanti.

«Andiamo avanti, Noys,» le aveva detto Harlan.

«Nel futuro, vuoi dire?»

Il cronoscafo aveva gia cominciato a ronzare sommessamente, quando Noys era salita a bordo, e la ragazza si era appena seduta quando Harlan aveva spostato i comandi.

Noys non aveva mostrato alcun segno di nausea all'inizio di quell'indescrivibile sensazione di 'movimento' attraverso il Tempo. Harlan lo aveva notato con soddisfazione.

Lei era rimasta seduta, in silenzio, cosi bella e cosi disinvolta e cosi sicura… e Harlan aveva sentito un nodo alla gola, e non aveva provato la minima ombra di pentimento per la colpa di cui si era macchiato… la colpa di avere introdotto nell'Eternita una Temporale, senza alcuna autorizzazione.

Lei aveva rotto il silenzio per prima.

«Quel quadrante mostra il numero degli anni, Andrew?»

«Dei Secoli.»

«Vuoi dire che siamo gia a mille anni di distanza nel futuro?»

«Esatto.»

«Non mi fa alcun effetto.»

«Lo so.»

Lei si era guardata intorno.

«Ma come facciamo a muoverci?»

«Non lo so, Noys.»

«Non lo sai?»

«Ci sono molte cose, nell'Eternita, che non e facile capire.»

I numeri avevano continuato a passare sul temporometro, muovendosi veloci, in rapida successione, cosi veloci da apparire indistinti. Con il gomito, Harlan aveva affrettato lo spostamento nel tempo. L'energia richiesta avrebbe potuto suscitare una certa perplessita nelle Centrali, ma Harlan non se ne era preoccupato troppo. Nessuno lo aveva aspettato nel corridoio, al suo ritorno nell'Eternita, e questa era stata la prova migliore del suo successo. Ora gli rimaneva semplicemente da portare Noys in un posto sicuro.

Harlan l'aveva guardata di nuovo. «Gli Eterni non sanno tutto.»

«E io non sono un'Eterna,» aveva detto lei. «E so cosi poco…»

Il cuore di Harlan aveva affrettato i battiti. Lei non si era considerata ancora un'Eterna? Ma allora, quanto gli era stato detto da Finge…

Lascia perdere , si era detto, mentalmente. Lascia stare le cose a questo punto. Lei viene con te. Ti sorride. Cosa vuoi di piu?

Ma non era riuscito a tacere.

«Tu pensi che gli Eterni vivano per sempre, vero?»

«Be', li chiamano tutti Eterni, e cosi tutti sono convinti che lo siano davvero.» Lei gli aveva rivolto un luminoso sorriso. «Ma non e vero, giusto?»

«Allora non lo pensi anche tu?»

«Dopo essere stata per un poco nell'Eternita, non l'ho piu pensato. La gente non parlava come se avesse dovuto vivere per sempre, e ho visto dei vecchi in giro.»

«Eppure mi hai detto che io avrei vissuto per sempre… quella notte.»

Lei si era avvicinata a lui, muovendosi sul sedile, continuando a sorridere:

«Ho pensato che poteva esserci sempre una possibilita.»

Harlan le aveva chiesto, senza riuscire a nascondere la tensione che lo aveva pervaso:

«Come puo diventare Eterno un semplice Temporale?»

Il sorriso era scomparso, sul volto di Noys, e per un istante Harlan aveva creduto di notare una traccia di rossore.

«Perche me lo chiedi?»

«Per saperlo.»

«E una sciocchezza. Preferirei non parlarne.» Aveva abbassato lo sguardo, osservandosi le dita affusolate e le unghie che nella luce soffusa del cronoscafo avevano riflesso soltanto un colore neutro, lattescente. Harlan aveva pensato, senza alcun motivo, a quelle unghie… unghie che durante una riunione serale, con l'aiuto di una lieve irradiazione ultravioletta, potevano brillare di un verde pastello o di un rosso cupo, a seconda della posizione delle mani. Una ragazza abile, come Noys, avrebbe potuto trarre una mezza dozzina di colori da quelle unghie, dando l'impressione che quei colori riflettessero il suo stato d'animo. L'azzurro come simbolo dell'innocenza, il giallo per l'allegria, il viola per il dolore, e il rosso per la passione.

«Perche hai fatto all'amore con me?» le aveva chiesto.

Lei aveva scosso il capo, e lo aveva guardato, pallida e seria in volto.

«Se proprio vuoi saperlo, l'ho fatto in parte per la teoria che dice come una ragazza possa diventare Eterna in questo modo. Non mi dispiacerebbe di vivere per sempre.»

«Credevo che tu non credessi a questa teoria. Me l'hai appena detto.»

«Infatti non ci credevo, ma come ti ho detto, non si puo mai essere sicuri. Non c'e niente di male a provare. Tanto piu che…»

L'aveva fissata duramente, con un volto oscurato dalla disapprovazione, cercando rifugio nella morale del suo Secolo natale, per sfuggire a quella delusione.

«Ebbene?»

«Tanto piu che desideravo farlo comunque.»

«Desideravi fare all'amore con me?»

«Si.»

«Perche proprio con me?»

«Perche mi piacevi. Perche mi sembravi cosi buffo.»

«Buffo?… »

«Be', strano, se preferisci questo termine. Ti sforzavi sempre di non guardarmi, e invece mi guardavi sempre. Cercavi di detestarmi, e capivo che mi desideravi. Credo di avere provato un po' di compassione per te.»

«Perche?» Il volto di Harlan era stato in fiamme.

«Perche dovevi soffrire tanto perche mi desideravi. E una cosa tanto semplice, invece. Devi solo chiederlo alla ragazza che desideri. E cosi facile essere amici. Perche soffrire?»

Harlan aveva annuito. La morale del 482°!

«Basta solo chiederlo alla ragazza,» aveva borbottato. «Cosi semplice. Non e necessario nient'altro.»

«La ragazza deve essere d'accordo, naturalmente. Ma se non e impegnata con un altro, generalmente e disposta. Perche no? Mi sembra cosi semplice.»

A questo punto, era stato Harlan ad abbassare lo sguardo. Naturalmente, era stato tutto cosi semplice. E non c'era stato niente di male. Non nel 482°. E chi avrebbe potuto saperlo meglio di lui, in tutta l'Eternita? Sarebbe stato uno stupido, un maledetto stupido, se in quel momento le avesse chiesto quali fossero state le sue precedenti relazioni. Sarebbe stato come domandare a una ragazza del suo Secolo natale quante volte avesse mangiato in presenza di un uomo, e come avesse osato farlo.

Le aveva detto invece, in tono umile:

«E adesso che cosa pensi di me?»

«Che sei molto carino,» aveva detto, dolcemente. «E che se ti lasciassi un po' andare… perche non sorridi?»

«Non c'e niente da sorridere, Noys.»

«Ti prego! Voglio vedere se le tue labbra sono capaci di piegarsi… se le tue guance rispondono come dovrebbero. Non ti ho mai visto sorridere. Ti prego!» Aveva posato gli indici sugli angoli della bocca di Harlan, e gli aveva tirato le labbra. Lui aveva sollevato di scatto il capo, per la sorpresa, e non aveva potuto fare a meno di sorridere.