Harlan aveva giudicato quella societa malata, da cento diversi punti di vista, e matura per un Mutamento di Realta. Piu di una volta aveva pensato che la sua presenza in quel Secolo, come uomo di un'altra epoca, avrebbe potuto modificarne la storia. Se la sua presenza, che gia costituiva un turbamento, fosse stata abbastanza significativa in qualche punto chiave, un ramo diverso di probabilita sarebbe diventato reale, un ramo nel quale milioni di donne amanti del piacere sarebbero state trasformate in autentiche madri dai sentimenti puri. Si sarebbero ritrovate in una Realta nuova, con tutti i ricordi propri di quella nuova Realta, e non avrebbero potuto pensare, sognare, e neppure immaginare di essere state diverse.
Disgraziatamente, per fare questo, egli avrebbe dovuto uscire dai confini stabiliti dalla Carta Spazio-temporale, e questo sarabbe stato impensabile. E anche se non fosse stato cosi, uscire dai confini imposti in posizioni casuali avrebbe potuto cambiare la Realta in molti modi. Avrebbe potuto perfino peggiorarla. Solo un'analisi accuratissima, e un Calcolo preciso, potevano isolare con precisione assoluta la natura di un Mutamento di Realta.
Indipendentemente dalle sue opinioni personali, Harlan era rimasto esteriormente un Osservatore, e l'Osservatore ideale era semplicemente un insieme di terminali nervosi capaci di percepire la Realta, collegati a un meccanismo capace di fornire dei rapporti. Tra le percezioni e il rapporto non doveva esserci alcun intervento emotivo.
Sotto questo aspetto, i rapporti di Harlan erano stati perfetti.
L'Assistente Calcolatore Finge lo aveva convocato, dopo avere ricevuto il suo secondo rapporto settimanale.
«Mi congratulo con voi, Osservatore,» aveva detto Finge, con voce priva di calore. «Per la precisione e la chiarezza dei vostri rapporti. Ma che cosa pensate, in realta?»
Harlan aveva cercato rifugio in un'espressione impenetrabile, e il suo volto aveva cercato l'immobilita assoluta del legno scolpito del suo Secolo natale.
«Non ho opinioni personali.»
«Oh, andiamo. Voi siete del 95°, e sappiamo entrambi cosa significa questo. Certamente questo Secolo deve turbarvi.»
Harlan aveva scrollato le spalle.
«C'e qualcosa, nei miei rapporti, che vi induce a credere che io sia rimasto psicologicamente turbato?»
Era una risposta che sfiorava l'impudenza, e questo era stato evidente nel tamburellare nervoso delle dita del Calcolatore sulla scrivania. Finge aveva detto:
«Rispondete alla mia domanda.»
«Da un punto di vista sociologico, molte sfaccettature del Secolo rappresentano un estremo,» aveva risposto allora Harlan. «Gli ultimi tre Mutamenti di Realta avvenuti nei Secoli vicini hanno accentuato questo fenomeno. A suo tempo, credo che questa situazione debba essere corretta. Gli estremi non sono mai positivi.»
«Allora vi siete preso il disturbo di controllare le Realta passate del Secolo.»
«Come Osservatore, devo controllare tutti i fatti pertinenti.»
Si era trattato di una risposta definitiva. Harlan, naturalmente, aveva avuto il diritto e il dovere di controllare quei fatti. E Finge lo aveva saputo. Ogni Secolo veniva continuamente scosso dai Mutamenti di Realta. Nessuna Osservazione, per quanto meticolosa, poteva essere valida per molto tempo, senza un continuo riesame dei dati pertinenti. La normale procedura dell'Eternita era quella di mantenere sotto perenne Osservazione ogni Secolo. E per Osservare in maniera valida era necessario presentare non solo i fatti dell'attuale Realta, ma anche la loro relazione con quelli delle Realta precedenti.
Tuttavia Harlan aveva capito che l'interrogatorio non era stato semplicemente un atto di scortesia, da parte di Finge: e il Calcolatore gli era sembrato decisamente ostile.
In una circostanza successiva, Finge aveva detto ad Harlan, dopo essere entrato senza preavviso nel piccolo ufficio dell'Osservatore:
«I vostri rapporti producono un'impressione assai favorevole nel Consiglio d'Ogniquando.»
Harlan aveva interrotto il proprio lavoro, incerto, poi aveva detto:
«Vi ringrazio.»
«Tutti concordano nel dire che dimostrate un'insolita capacita di penetrazione.»
«Faccio del mio meglio.»
Finge aveva domandato, bruscamente:
«Avete mai conosciuto il Calcolatore Anziano Twissell?»
«Il Calcolatore Twissell?» Harlan aveva spalancato gli occhi. «No, signore. Perche me lo chiedete?»
«Sembra interessato ai vostri rapporti in maniera particolare.» Finge aveva abbassato il capo, imbronciato, cambiando subito argomento. «A me sembra che abbiate creato una vostra filosofia, un vostro punto di vista sulla storia.»
La tentazione era stata forte, per Harlan. Vanita e prudenza avevano combattuto brevemente, e la vanita aveva vinto.
«Ho studiato la storia del Primitivo, signore.»
«Storia del Primitivo? A scuola?»
«No, non esattamente, Calcolatore. Per conto mio. E il mio… il mio hobby. E come osservare la storia mentre questa e fissa, immobile! E possibile studiarla nei minimi particolari, mentre i Secoli dell'Eternita sono in continuo mutamento.» Quel pensiero aveva dato un certo calore alla sua voce. «E come se noi prendessimo una serie di immagini da un libro-film, e dedicassimo a ciascuna uno studio approfondito. Vedremmo molte cose che ci sfuggirebbero, se osservassimo lo svolgersi normale del film. Credo che questo mi aiuti molto, nel mio lavoro.»
Finge lo aveva fissato con evidente stupore, dilatando un poco gli occhi, ed era uscito senza fare commenti.
Il Calcolatore aveva rispolverato l'argomento in occasioni successive, rivolgendo ad Harlan domande sulla storia del Primitivo, e aveva ascoltato i commenti riluttanti dell'Osservatore senza mostrare alcuna espressione indicativa sul viso rubizzo.
In quelle condizioni, Harlan non aveva saputo decidere se pentirsi di avere rivelato il suo hobby segreto, o se quella faccenda avrebbe potuto affrettare la sua carriera di Eterno.
Aveva deciso per la prima ipotesi quando, incontrandolo un giorno nel Corridoio A, Finge aveva detto improvvisamente, in modo da farsi sentire anche dagli altri:
«Per il grande Tempo, Harlan, ma voi non sorridete mai? »
E Harlan aveva capito che Finge lo odiava. Era stato un pensiero sconvolgente. Da allora, i suoi sentimenti per Finge non erano certo migliorati… se il Calcolatore lo odiava, Harlan detestava quell'individuo.
Tre mesi di meticolose ricerche nel 482° avevano esaurito buona parte degli obiettivi meritevoli di attenzione, percio Harlan non si era sorpreso quando era stato convocato senza preavviso nell'ufficio di Finge. Gia da qualche tempo si era aspettato un nuovo incarico. Aveva preparato il suo rapporto finale gia da alcuni giorni. Il 482° desiderava ardentemente esportare piu cellulosa nei Secoli ove le foreste erano state eliminate, come nel 1174°, ma non era disposto ad accettare in cambio del pesce affumicato. Un lungo elenco di fatti analoghi completava il rapporto, nell'ordine esatto e con le debite analisi.
Aveva portato con se una bozza del rapporto.
Invece, non si era accennato neppure marginalmente al 482°. Con grande sorpresa di Harlan, Finge lo aveva presentato a un vecchietto rinsecchito e canuto, dai capelli radi, e con una faccia da gnomo, che per tutto il colloquio aveva conservato un perenne sorriso. Quel sorriso aveva espresso diversi sentimenti, variando d'intensita a seconda dei momenti… in una gamma che andava dall'ansia alla giovialita… ma non era mai scomparso del tutto dal volto grinzoso. Il vecchio aveva tenuto tra due dita ingiallite una sigaretta accesa.
Si era trattato della prima sigaretta che Harlan avesse mai visto, altrimenti egli avrebbe prestato piu attenzione all'uomo e meno attenzione a quel cilindro fumante, e sarebbe stato quindi preparato alla presentazione di Finge.
Finge aveva detto:
«Calcolatore Anziano Twissell, questi e l'Osservatore Andrew Harlan.»
Lo sguardo di Harlan era passato dalla sigaretta al volto del vecchio, e la scossa era stata enorme.
Il Calcolatore Anziano Twissell aveva detto, con una vocetta acuta:
«Piacere, ragazzo. Cosi saresti tu il giovanotto che scrive quegli eccellenti rapporti?»
Harlan non era riuscito a ritrovare la voce. Laban Twissell era una leggenda, un mito vivente. Era il piu grande Calcolatore dell'Eternita, un modo come un altro per dire che si trattava del piu eminente Eterno vivente. Era il decano del Consiglio d'Ogniquando. Aveva diretto piu Mutamenti di Realta di chiunque altro in tutta la storia dell'Eternita. Era… aveva…
Harlan non era riuscito a controllare i propri pensieri. Aveva chinato il capo, con un sorriso impacciato, e non aveva detto niente.
Twissell aveva portato la sigaretta alle labbra, aspirando una boccata nervosa di fumo, e poi aveva abbassato la mano.
«Lasciaci soli, Finge. Voglio parlare al ragazzo.»
Finge si era alzato in piedi, aveva mormorato qualcosa, e se ne era andato.
Twissell aveva detto:
«Mi sembri nervoso, figliolo. Non hai alcun motivo per esserlo, pero, ti assicuro.»
L'avere incontrato a quel modo Twissell era stato uno choc. Era sempre sconcertante scoprire che qualcuno al quale si e sempre pensato come a un gigante, in realta e alto poco piu di un metro e sessanta. Il cervello di un genio poteva nascondersi dietro un aspetto di vecchio nano grinzoso dai radi capelli bianchi? Gli occhietti affondati in un reticolato di rughe scintillavano piu di buon umore o piu d'intelligenza?
Harlan non aveva saputo trovare una risposta a questi interrogativi. La sigaretta gli era parsa in disaccordo con l'intelligenza… e quello spettacolo inusitato gli aveva impedito di pensare chiaramente. Uno sbuffo di fumo lo aveva raggiunto, e Harlan aveva socchiuso gli occhi per un momento.
Twissell aveva socchiuso gli occhi a sua volta, fino a ridurli a due sottili fessure, e aveva domandato, usando il dialetto del decimo millennio con un accento pesante e orribile:
«Tu meglio sentire se in tuo dialetto io parlare?»
Harlan aveva faticato a trattenere una risata un po' isterica, e aveva risposto, lentamente, non fidandosi ancora della propria voce:
«Parlo benissimo l'Intertemporale Standard, signore.» Lo aveva detto nell'Intertemporale che lui e tutti gli altri Eterni che aveva conosciuto avevano usato, dai primi mesi che lui aveva passato nell'Eternita.
«Sciocchezze,» aveva detto imperiosamente Twissell. «A che serve l'Intertemporale? Il mio decimillennario e piu che perfetto.»
Probabilmente, pero, il vecchio non doveva avere usato i dialetti locali dei vari Secoli ormai da piu di quarant'anni.
Ma dopo avere fatto quell'affermazione, con evidente soddisfazione, Twissell si era accontentato, e aveva proseguito usando l'Intertemporale.