— Dove siamo finiti? — chiese Peter, la cui voce risuonava nel buio come se fosse stanca e "pallida" (voi capite cosa intendo, vero?).

— È un vecchio nascondiglio che solo i castori conoscono — rispose la bestiola. — Non è un bel posto, ma è davvero segreto e abbiamo bisogno di riposare. Dormiremo un poco e poi riprenderemo il viaggio.

— Ecco! — esclamò sua moglie in tono irritato. — Se non mi avessi fatto tanta confusione mi sarei ricordata di portare dei cuscini.

Lucy trovò che la caverna non fosse ampia e graziosa come quella del signor Tumnus, ma sarebbero stati all’asciutto e al caldo.

Quando si sdraiarono per dormire (e formarono davvero un gran mucchio di pellicce) la signora Castoro tirò fuori una fiaschetta e la passò in giro perché tutti bevessero un sorso del "qualcosa" che c’era dentro, qualcosa che prima ti faceva tossire e bruciava in gola, poi ti dava un senso di benessere e calore che aiutava il sonno. Lucy ebbe appena il tempo di sospirare tra sé: — Ah, se il terreno fosse un po’ più soffice — che già era bell’e addormentata, e come lei tutti gli altri.

Un minuto dopo (ma in realtà erano passate ore e ore) ebbe una sensazione di freddo e sentì qualcosa di rigido e pungente che le sfiorava la guancia. Intuì vagamente che erano i baffi del signor Castoro, il quale si era alzato, diremo così, dal letto. Fuori della caverna vide la luce del giorno; gli altri si erano svegliati e messi a sedere, e avevano la bocca aperta e gli occhi spalancati come se ascoltassero qualcosa in lontananza.

Lucy si sentiva irrigidita e quasi incapace di muovere un dito. La prima cosa che pensò con chiarezza fu che le sarebbe piaciuto fare un bagno caldo, poi si tirò su anche lei. Aveva percepito un suono che presto o tardi tutti avevano temuto di sentire: l’allegro, caratteristico scampanio di una slitta trainata da renne bardate con campanellini chiassosi.

Il vecchio signor Castoro era già schizzato fuori dalla caverna e Lucy si meravigliò che avesse fatto una cosa tanto stupida. Ma forse avrete già capito che la coraggiosa creatura aveva preso una decisione sensata. Sapeva che avrebbe potuto strisciare tra i cespugli, portarsi sulla riva del fiume e vedere senza essere visto da quale parte arrivasse la slitta della strega. Gli altri rimasero in attesa, con il fiato sospeso.

Aspettarono non più di cinque minuti, poi ebbero un gran spavento perché sentirono delle voci.

— Si è fatto prendere! — esclamò Lucy. — La strega lo ha visto e lo ha preso. — Ma con sua grande sorpresa era proprio il signor Castoro che gridava: — Tutto bene, moglie, vieni fuori. E venite anche voi, figli e figlie di Adamo. Non c’è mica lei!

Il signor Castoro, lo avrete notato, si era preso qualche libertà con la grammatica, ma quando sono eccitati i castori parlano un po’ a casaccio: quelli di Narnia, naturalmente, perché i nostri non parlano affatto.

Uscirono in gruppo dalla caverna, sbattendo le palpebre per l’improvviso passaggio dal buio alla luce. Avevano l’aspetto di chi ha dormito sulla nuda terra: erano coperti di polvere, con foglie secche tra i capelli spettinati e gli occhi appiccicosi per il sonno.

— Venite, venite — continuava il signor Castoro, ballando dalla contentezza. — Guardate chi c’è. Questo sì che è un brutto colpo per la Strega Bianca. Il suo potere comincia a svanire, altroché.

— Che significa? — chiese Peter, che era stato il primo ad avvicinarsi.

— Non ti ho detto che lei ci ha portato l’inverno, sempre inverno e mai Natale? Ora vieni a vedere.

Quando raggiunsero la cima della collina si accorsero che si avvicinava una bella slitta tirata da due grandi renne con i finimenti tintinnanti di campanellini. Non erano renne bianche come quelle della strega, ma brune e possenti. Sulla slitta, molto più ampia di quella della Strega Bianca, sedeva un personaggio che bastava dargli un’occhiata per capire di chi si trattasse. Era un uomo grande e molto grasso, con un vestito rosso come le bacche dell’agrifoglio, il cappuccio foderato di pelliccia bianca e una gran barba che gli cadeva sul petto come una cascata di candida schiuma. I ragazzi lo riconobbero subito perché nel nostro mondo (il mondo al di qua dell’armadio) tutti ne parlano e spesso ne fanno ritratti o imitazioni. Ma vederlo in carne e ossa — cosa che può capitare solo a Narnia — be’… era tutta un’altra cosa.

Babbo Natale aveva un’espressione dolce, buona e affettuosa ma al tempo stesso solenne e che incuteva rispetto. Non aveva assolutamente niente di buffo (come capita a volte qui da noi) e solo a guardarlo ci si sentiva invadere da una strana sensazione di gioia, da una pace intima e solenne e, come ho già detto, da un senso di profondo rispetto.

— Sono arrivato, finalmente — esclamò. — Quella è riuscita a tenermi lontano molto tempo, ma Aslan si avvicina e gli incantesimi della Strega Bianca non hanno più effetto su di me.

Lucy sentì un brivido di gioia invaderla tutta, lo stesso brivido di pace e felicità che ti prende quando sei in silenzio, immerso nella preghiera.

— E ora — continuò Babbo Natale — veniamo ai regali. Qui c’è una macchina per cucire nuova e migliore: è per lei, signora Castoro. Farò in modo di lasciargliela a casa quando passerò di là.

— Se le fa comodo, signore; ma l’avverto che casa nostra è chiusa a chiave.

— Serrature e paletti non contano, per me — disse Babbo Natale. — Quanto a lei, signor Castoro, troverà la diga finita e i guasti prodotti dal ghiaccio riparati, le fessure tappate e nuovi cancelli per le chiuse.

Il signor Castoro fu così contento che aprì la bocca… e non seppe cosa dire.

— Peter, figlio di Adamo — chiamò Babbo Natale.

— Eccomi, signore. — Peter fece un passo avanti.

— Non ti darò giocattoli, Peter, ma qualcosa che forse ti servirà presto. Usali bene, questi — e così dicendo Babbo Natale porse al ragazzo uno scudo e una spada.

Lo scudo era color argento e al centro c’era l’immagine di un leone rampante rosso vivo, il colore delle fragole mature quando è tempo di coglierle. La spada aveva l’impugnatura dorata, il fodero e la cintura: tutto del peso e della misura adatti a Peter. E lui ricevette quei doni in silenzio, ma con aria grave, ben comprendendo che si trattava di un regalo speciale.

— Susan, figlia di Eva — chiamò ancora Babbo Natale. — Questi sono per te. — E le consegnò un arco, una faretra piena di frecce e un piccolo corno d’avorio. — Dovrai usare quell’arco solo in caso di estrema necessità, perché non voglio che tu scenda in battaglia. Quando avvicinerai quel corno alle labbra, in qualsiasi posto tu sia… soffiaci dentro, se avrai bisogno di aiuto, l’aiuto verrà.

E infine Babbo Natale si rivolse a Lucy, chiamandola figlia di Eva, e Lucy fece un passo avanti per ricevere il suo dono: una bottiglietta di cristallo (ma più tardi qualcuno disse che era puro diamante) e anche un piccolo pugnale.

— In questa bottiglietta c’è un liquore estratto dai fiori di fuoco che crescono sulle Montagne del Sole. È un cordiale: se tu o qualcuno dei tuoi amici sarete feriti, basteranno poche gocce per farvi guarire immediatamente. Il pugnale è per difenderti in caso di grave pericolo, perché neanche tu dovrai scendere in battaglia.

— E perché no, signore? — chiese la piccola Lucy. — Credo che… mi sembra… che sarei abbastanza coraggiosa anch’io.

— Non è questo il punto — la interruppe Babbo Natale. — Le battaglie diventano troppo ignobili, quando combattono anche le donne. — Poi, perdendo un po’ della sua aria grave, aggiunse: — Ma pensiamo al presente, ora. Questo è per tutti voi. — E tirò fuori (non si capì bene da dove, probabilmente dal grosso sacco che era sulla slitta alle sue spalle) un gran vassoio con cinque tazze, cinque piattini, la zuccheriera, un bricco di panna e una gran teiera fumante.

Poi gridò: — Buon Natale! Evviva il vero re! — e schioccò la frusta.

Un attimo dopo la slitta era già fuori di vista senza che nessuno si fosse neppure accorto che aveva cominciato a muoversi.