Quando Aslan apparve, dalla folla si levò un confuso mormorio, certamente di timore. Per un attimo anche la strega sembrò colta dal panico e restò a guardarlo, muta. Poi si riprese, scoppiò in una risata selvaggia e gridò: — Il pazzo è venuto davvero! Legatelo subito.
Lucy e Susan trattennero il fiato, aspettando che Aslan lanciasse il suo tremendo ruggito e balzasse addosso ai nemici. Ma non accadde niente di simile. Quattro orribili megere si fecero avanti sogghignando biecamente, ma anche esitando un poco… almeno in un primo momento.
— Legatelo, ho detto! — ripeté la Strega Bianca.
Le quattro megere allungarono di scatto le mani adunche, e vedendo che Aslan non reagiva minimamente gettarono un grido di trionfo. Subito altri loschi personaggi — nani demoniaci e orrendi scimmioni — si lanciarono a dare man forte, e tutti insieme rovesciarono l’enorme leone sul dorso e gli legarono le zampe. E intanto sghignazzavano e gridavano evviva!, come se avessero compiuto un’azione particolarmente coraggiosa. Eppure, se il leone avesse voluto, una sola zampata avrebbe significato la morte degli assalitori. Invece non reagì, neanche quando i nemici cominciarono a stringere i nodi, tirando le corde così forte che furono sul punto di segargli la pelle; poi lo trascinarono verso la Tavola di Pietra.
— Basta, ora — comandò la strega. — Dobbiamo sistemargli la criniera, prima di tutto.
Dalla folla dei seguaci si levò un coro di risatacce volgari. Un orco si fece avanti: teneva in mano un paio di forbici e, zac-zac-zac, cominciò a tagliare ampie ciocche di peli dorati. Quand’ebbe finito, sul terreno si ammassava il resto della lunga criniera e l’orco si tirò da parte. Allora le due ragazze, nascoste tra i cespugli, poterono vedere che il povero Aslan si era ridotto ben diverso da com’era. Anche i nemici si accorsero della differenza.
— Dopo tutto non era che un gattone — gridò uno.
— E noi avevamo tanta paura di quello — esclamò un altro.
Si misero a sbeffeggiarlo con frasi idiote, come «Micio, micio… quanti topolini hai acchiappato oggi?» oppure «Vuoi un po’ di latte nel piattino, micetto? »
— Oh… come possono fare una cosa simile — mormorò Lucy, mentre le lacrime le rigavano il volto. — Sono bruti, delle belve!
Ora che avevano superato il momento della sorpresa, Lucy e Susan si accorsero che, pur così tosato, Aslan faceva bella figura, sembrava più coraggioso e paziente che mai.
— Mettetegli la museruola! — ordinò la strega.
Mentre gli aguzzini si davano da fare a imbavagliargli il muso con le corde, Aslan avrebbe potuto azzannarli alle mani con un rapido colpo di mascella, ma non si mosse neppure. Questo parve aumentare la rabbia della gentaglia.
Ora tutti si avvicinavano, compresi quelli che non avevano avuto il coraggio di farlo prima, quando era stato imprigionato. E lo canzonavano, lo coprivano di calci e pugni, sputavano su di lui indecentemente. Per qualche minuto le due ragazze non riuscirono a vedere la figura di Aslan, tanto era fitta la folla dei tormentatori.
Quando la rabbia si fu completamente sfogata, gli aguzzini decisero di issare Aslan sulla Tavola di Pietra. Cominciarono a tirare verso l’alto e a spingere dal basso, ma il leone era così grande che ci vollero tutti i loro sforzi per riuscire nell’impresa. Poi dovettero stringere di nuovo le corde e saldare strettamente i nodi.
— Vigliacchi! Vigliacchi! — singhiozzava Susan. — Hanno paura di lui anche adesso.
Quando anche questa operazione fu compiuta (e Aslan era un unico ammasso di corde) sulla folla cadde un profondo silenzio.
Le quattro streghe aiutanti si misero ai quattro angoli della Tavola di Pietra, reggendo ognuna una torcia.
La Strega Bianca si tolse il mantello e rimase con le braccia nude, come la notte precedente davanti a Edmund. Cominciò ad affilare il coltello, e quando la luce delle torce lo colpì, a Susan e Lucy sembrò che non fosse d’acciaio ma di pietra, e di forma strana o diabolica.
Alla fine anche la Strega Bianca si avvicinò alla Tavola di Pietra e si fermò accanto alla testa di Aslan. La strega aveva la faccia stravolta dalla malvagità, ma lui guardava in alto, verso il cielo, sempre tranquillo, né impaurito né irato, solo un po’ triste. Allora, prima di vibrare il colpo, la strega si chinò su di lui e con voce fremente chiese: — Dunque, chi ha vinto? E tu, pazzo, credi che con questo salverai il traditore? Io ti ucciderò al posto suo, come era nel patto: così la Grande Magia sarà rispettata. Ma quando sarai morto, chi mi impedirà di uccidere anche lui? Chi lo strapperà dalle mie mani, allora? Mi hai consegnato, e per sempre, il regno di Narnia. Hai perso la tua vita ma non hai salvata quella di lui. Capiscilo finalmente e muori nella disperazione.
Le due sorelline non videro il momento preciso in cui la malvagia strega vibrò il colpo. Non avrebbero potuto sopportare un simile spettacolo: perciò si coprirono gli occhi con le mani.
15
Una magia più grande, prima dell’alba dei tempi
Susan e Lucy stavano ancora accucciate tra i cespugli, con le mani sul viso, quando sentirono la Strega Bianca gridare: — Forza, seguitemi! Sistemeremo una volta per tutte gli strascichi di questa guerra. Non ci vorrà molto a schiacciare quei traditori e i luridi esseri umani. Ormai il gattone è morto.
Fu allora che, per qualche istante, le due bambine corsero un serio pericolo.
La vile marmaglia si lanciò giù per la collina, passando proprio davanti al nascondiglio di Susan e Lucy, e riempì l’aria di grida selvagge, del suono stridulo delle trombe e di quello più cupo dei corni. Susan e Lucy sentivano il terreno rimbombare sotto il galoppo furioso dei minotauri. Sentirono il soffio gelido degli spettri e, sopra le teste, il turbinio delle orribili ali nere degli avvoltoi e dei pipistrelli giganti. In un’altra occasione avrebbero tremato d’orrore e di paura, ma in quel momento il loro cuore era così pieno di angoscia per l’infame assassinio di Aslan che non ci pensarono affatto.
Appena il bosco fu tornato silenzioso, le due sorelle uscirono dai cespugli e si inoltrarono nel grande prato in cima alla collina. La luna ormai tramontava ed era velata da nuvole leggere, ma Susan e Lucy riuscivano ancora a vedere la forma del leone che giaceva morto, strettamente avvinto nei legami. Si inginocchiarono vicino a lui, sull’erba umida, baciarono e ribaciarono la testa fredda, accarezzarono quel poco che rimaneva della bella criniera e piansero finché ebbero lacrime. Poi si guardarono in faccia e stringendosi le mani, al colmo della malinconia, piansero ancora. Alla fine, quando si calmarono un poco, Lucy disse: — Non posso sopportare la vista di quella specie di museruola. E se provassimo a toglierla?
Provarono. Pur con gran fatica perché avevano le dita gelate, essendo quella l’ora più fredda della notte, ci riuscirono. Quando videro il muso di Aslan libero dai lacci scoppiarono di nuovo a piangere e ripresero a baciarlo e accarezzarlo, ed erano più disperate di quanto potrei dire.
— E se provassimo a slegarlo completamente? — propose nuovamente Susan.
Ma i nemici di Aslan, per pura cattiveria, avevano stretto i nodi in modo tale che le due ragazzine non riuscirono a fare niente.
Spero che nessuno di quelli che leggeranno il libro sia mai stato infelice come Susan e Lucy quella notte. Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da piangerci fino a non avere più lacrime, sa bene che a un certo momento si arriva a una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla. In ogni modo fu questo che capitò alle due bambine! Stavano tranquille, senza neppure accorgersi che l’aria andava facendosi sempre più fresca, e alla fine Lucy notò due cose: che a est della collina il cielo era un po’ meno buio e che qualcosa si muoveva sull’erba ai loro piedi. In un primo momento non se ne curò più di tanto (non le importava più niente, ormai), poi si rese conto che il qualcosa in movimento si era trasferito sulla Tavola di Pietra e, qualsiasi cosa fosse, si muoveva lungo il corpo di Aslan. Si avvicinò per vedere meglio e scorse tante piccole forme grigie.