Seguì un momento terribile che a Peter parve un incubo. Mentre tirava a sé con forza la spada per estrarla dal petto, il lupo ebbe un ultimo sussulto di ferocia e gli si avventò contro. Un fiato caldo, bruciante, lo scatto delle zanne a pochi centimetri dalla sua fronte: a Peter sembrò che tutto grondasse sangue e la vista gli si confondesse in un lampeggiare di denti, peli e zampe. Poi il nemico stramazzò al suolo e lui estrasse la spada senza fatica. Tremava da capo a piedi, aveva la fronte imperlata di sudore e si sentiva stanchissimo.

Un attimo dopo, Susan cadde dall’albero. Peter le andò incontro in preda a una forte emozione: tremava ancora e non saprei dire se, abbracciandosi e baciandosi, piangessero o ridessero. Ma anche se Peter avesse pianto, nel paese di Narnia nessuno l’avrebbe criticato per questo.

— Presto, presto! — gridò improvvisamente Aslan. — Aquile, centauri… Vedo un altro lupo in mezzo ai cespugli, laggiù. Proprio dietro di voi. Tornerà dalla sua padrona: inseguitelo e troverete la Strega Bianca, dalla quale potrete salvare il quarto figlio di Adamo.

Subito si udì un gran batter d’ali e scalpitare di zoccoli. Una dozzina di veloci creature si lanciarono dietro il nemico e scomparvero nell’oscurità crescente.

Peter, ancora ansante, si volse a guardare Aslan.

— Hai dimenticato di ripulire la spada — disse il leone, severo.

Era vero, e Peter arrossì di emozione vedendo la bella lama lucente ancora impiastricciata del sangue del lupo.

Si chinò e strofinò la lama sull’erba: quando fu pulita del tutto, finì di asciugarla passandola sul vestito.

— Ora dammela e inginocchiati, figlio di Adamo — ordinò Aslan.

Peter obbedì e il grande leone gli batté sulla spalla con la spada messa di piatto, dicendo: — Alzati, ora sei un vero cavaliere e ti chiamerai Peter Flagello dei Lupi. Ma non dimenticare mai più di ripulire la spada.

13

Una grande magia all’alba dei tempi

Ora dobbiamo tornare a Edmund. Lo avevano fatto camminare più di quanto avesse mai camminato, più di quanto potrebbe camminare chiunque. Finalmente la Strega Bianca gli ordinò di fermarsi; erano arrivati in una piccola valle ombreggiata da abeti altissimi e folti cespugli di tasso. Edmund crollò semplicemente a terra, con la faccia in avanti, senza più la forza di chiedersi cosa sarebbe accaduto. Gli bastava che lo lasciassero così: era talmente stanco che non si accorgeva nemmeno di aver sete e fame.

Intanto la strega e il nano parlottavano tra loro, fitto fitto e a bassa voce.

— No, mia regina — diceva il nano. — Ormai è inutile. Devono già essere arrivati alla Tavola di Pietra.

— Forse il lupo Maugrim annuserà la nostra pista, ci troverà e porterà notizie fresche — ribatté la strega.

— Se il lupo viene a cercare noi, vuol dire che le notizie sono cattive — osservò il nano.

— Quattro troni in Cair Paravel — mormorò la strega. — Cosa importa se tre sono già occupati? Non basta questo a realizzare la profezia.

— Tre o quattro che differenza fa, ora che lui è qui? — disse il nano, che non osava più nominare Aslan di fronte alla strega sua padrona.

— Forse non resterà a lungo, e allora noi piomberemo sui tre che si sono insediati a Cair Paravel.

— Forse sarebbe meglio approfittare di lui — fece il nano, allungando un calcio a Edmund. — Ci potrebbe servire per un affaruccio…

— Già. E lasciare che lo salvino — esclamò la strega in tono di disprezzo.

— Allora è meglio fare subito quello che dobbiamo fare — concluse il nano.

— Mi sarebbe piaciuto farlo sulla Tavola di Pietra — disse la strega. — Quello è il posto adatto. L’ho sempre fatto là, prima d’ora.

— Ci vorrà un bel po’ prima che la Tavola di Pietra sia restituita alla sua funzione — esclamò il nano.

— È vero — annuì la strega. — Allora possiamo cominciare anche subito.

In quel preciso momento un grosso lupo si precipitò verso di loro, latrando affannosamente.

— Li ho visti, Maestà. Sono tutti alla Tavola di Pietra. Hanno ucciso Maugrim, il mio capitano. Io ero nascosto tra i cespugli, ma ho visto tutto. È stato un figlio di Adamo a ucciderlo. Fuggite. Fuggite anche voi!

— No — lo interruppe la strega. — Non c’è bisogno di fuggire. Vai avanti tu, alla svelta, raccogli il mio popolo. Porta qui i sudditi fedeli e avverti gli spiriti degli alberi che parteggiano per me. Chiama i giganti e i lupi mannari, i demoni dell’aria e quelli del sottosuolo, gli orchi e i minotauri. Non dimenticare le megere, i rospi, gli spaventapasseri, tutti… Daremo battaglia. Non ho ancora la mia bacchetta magica? Non diventeranno di pietra tutti quelli che oseranno marciare contro di me? Va’ e sbrigati. Io ho qualcosa da fare qui.

La bestiaccia chinò la testa in ossequio, voltò le spalle e partì al galoppo.

— All’opera, dunque! — esclamò la Strega Bianca. — Non abbiamo la tavola sacrificale, ma… vediamo… lo metteremo contro quell’albero.

Obbligarono Edmund ad alzarsi in piedi, senza tante storie. Lo misero con le spalle contro un albero e il nano lo legò con molti giri di corda. La strega intanto si era tolta il mantello, rimanendo con un abito lungo senza maniche. Nell’oscurità della cupa valletta, all’ombra degli alberi folti, Edmund vedeva soltanto due braccia orribilmente bianche. — Prepara la vittima — ordinò lei.

Il nano si affrettò a obbedire. Slacciò la camicia del ragazzo, rovesciò il colletto all’indietro, afferrò Edmund per i capelli e lo costrinse a sollevare il mento.

Nel frattempo si sentiva un rumore strano, un vzzz-vzzz-vzzz, che dapprima Edmund non riuscì a definire. Poi capì: la strega stava affilando un coltello.

In quel momento altri rumori vennero da tutte le parti: grida confuse, rimbombare di zoccoli come cavalli al galoppo, un grande sbattere d’ali nell’aria buia. La strega gettò un urlo, ci fu un attimo di trambusto ed Edmund si trovò libero.

Qualcuno lo sostenne; mentre cadeva in una specie di ovattato dormiveglia, voci gentili dissero a pochi passi dal suo orecchio: — Mettiamolo giù piano.

— Fategli bere un po’ di vino.

— Su, da bravo, starai subito meglio. Bevi, caro, bevi.

Poi le voci gentili cominciarono a parlare tra loro. Edmund sentiva le domande e le risposte, frasi come: — La strega dov’è?

— Non so. Non l’ho più vista da quando le ho strappato il coltello.

— Ma non l’hai catturata?

— Io? No… non so. Stavo dietro al nano.

— Vuoi dire che te la sei fatta scappare?

— Be’, non potevo occuparmi di tutto. Oh! Qui ci sono un tronco d’albero e un grosso macigno. Bada a dove cammini e a non inciampare.

A questo punto Edmund non sentì più nulla. Era definitivamente crollato.

Centauri, cervi, aquile e unicorni (la pattuglia di salvataggio che Aslan aveva mandato in cerca di Edmund) tornarono velocemente alla Tavola di Pietra, portando il ragazzo con sé. Ma se avessero visto quel che si preparava, non avrebbero abbandonato la cupa valletta.

Quando sorse la luna tutto appariva tranquillo. Se foste stati laggiù anche voi avreste visto un grosso macigno e un vecchio tronco d’albero che prima non c’erano, e guardando bene vi sareste accorti che nell’uno e nell’altro c’era qualcosa di molto strano. Se aveste avuto la pazienza di aspettare un po’, avreste visto che il tronco d’albero posato al suolo e il macigno (simile a un grasso ometto accucciato) si sarebbero mossi e avrebbero cominciato a discutere tra loro. Perché in realtà erano il nano e la Strega Bianca. Quest’ultima aveva il potere di far sembrare le cose, e se stessa, diverse da quello che sono, e con grande presenza di spirito ne aveva approfittato proprio mentre le strappavano il coltello di mano. L’unica cosa di cui si era preoccupata era, naturalmente, la bacchetta magica: infatti era riuscita a metterla in salvo e ora la teneva stretta tra le mani.