Quando Peter, Susan e Lucy si svegliarono, dopo una buona dormita tra cuscini di piume, era giorno chiaro. La prima notizia che ricevettero (la portò il signor Castoro) fu che Edmund era tornato e che in quel momento si trovava a colloquio con Aslan.

In effetti, quando uscirono dalla grande tenda di seta gialla videro Edmund e il leone che passeggiavano fianco a fianco sull’erba umida di rugiada, un po’ isolati dal resto della corte. Non è necessario che vi ripeta quello che Aslan rivelò al ragazzo (e del resto nessuno l’ha mai saputo): basterà concludere che Edmund non dimenticò mai più quella conversazione. Quando il fratello e le due sorelle si avvicinarono, Aslan disse loro: — Eccovi Edmund, vostro fratello. È inutile parlare del passato.

Edmund strinse le mani a tutti e tre, mormorando un semplice: «Scusami», al quale ognuno rispose altrettanto semplicemente: «Va bene».

Forse — certamente, anzi — Peter, Susan e Lucy avrebbero voluto dire altre parole, qualcosa che facesse capire con chiarezza come tutto fosse tornato come prima e meglio di prima. Ma non trovarono le espressioni adatte, che avrebbero potuto essere solo parole comuni e di tutti i giorni, e ne furono imbarazzati. Prima che l’imbarazzo diventasse troppo evidente, ecco avanzare uno dei leopardi che normalmente stavano ai lati del trono di Aslan.

— Sire — disse — c’è un messaggero del nemico che chiede udienza.

— Venga avanti — rispose Aslan.

Il leopardo si allontanò, ripresentandosi pochi minuti dopo insieme al nano, il cocchiere della slitta.

— Quale messaggio mi porti, figlio della terra?

— La regina di Narnia e imperatrice delle Isole Solitarie desidera un salvacondotto per venire qui di persona — rispose il nano. Poi aggiunse: — Deve discutere qualcosa che interessa a entrambi.

— Regina di Narnia! — ripeté sbuffando il signor Castoro. — È una bella sfacciataggine.

— Buono, buono — fece Aslan. — I titoli saranno restituiti a chi ne ha diritto. Intanto lasciamo perdere, caro signor Castoro. Non discutiamone neppure. — Poi, rivolgendosi al nano: — Torna dalla tua padrona, figlio della terra, e dille che può venire senza paura. A patto che lasci la sua bacchetta magica sotto la quercia laggiù.

Il nano disse che andava bene e andò via, accompagnato dai due leopardi incaricati di sorvegliare che le condizioni imposte da Aslan fossero rispettate.

— E se trasformasse i due leopardi in statue? — bisbigliò Lucy all’orecchio di Peter.

Credo che anche i due leopardi ci pensassero e restarono accanto al nano, sempre all’erta. Si vedeva da come rizzavano il pelo e agitavano minacciosamente la coda, come fanno i gatti quando si trovano davanti a un cane.

— Andrà tutto bene. — Peter rincuorò la sorellina. — Altrimenti Aslan non li avrebbe mandati.

Dopo qualche minuto la Strega Bianca apparve in cima alla collina, attraversò il grande prato e fu davanti ad Aslan.

I tre ragazzi, che non l’avevano mai vista, sentirono un brivido giù per la schiena solo a guardarla. Dal gruppo degli animali che circondavano Aslan venne un sordo brontolio. Sebbene il sole brillasse alto nel cielo, tutti provarono uno strano senso di freddo improvviso. Gli unici che sembravano a loro agio erano Aslan e la strega stessa, anche se, visti l’uno accanto all’altra, formavano il più strano contrasto. Con la grande criniera bionda Aslan sembrava tutto d’oro, mentre la strega aveva il pallore di un cadavere. Inoltre (il signor Castoro lo notò subito) i suoi occhi evitavano di fissarsi in quelli del grande leone.

— Fra i tuoi c’è un traditore, Aslan — cominciò la strega.

Naturalmente tutti sapevano che alludeva a Edmund, ma il ragazzo, dopo tante avventure e il colloquio della mattina con Aslan, non ci pensava più: guardava il grande leone senza curarsi di quel che diceva la Strega Bianca.

— Ebbene, quel traditore non ti ha offesa — obiettò Aslan.

— Hai dimenticato la Grande Magia?

— Diciamo che l’ho dimenticata — rispose gravemente il leone. — Parlamene tu.

— Devo parlartene io? — chiese la strega con voce stridula. — Devo ripeterti quello che è scritto là, sulla Tavola di Pietra? Devo ricordarti che sulla tavola sono scritte le stesse cose che la spada incise profondamente nella roccia infuocata della Collina Segreta? Che si tratta delle parole intagliate sullo scettro dell’imperatore d’Oltremare? Sai bene qual è l’incantesimo che l’imperatore ha gettato su Narnia all’inizio dei tempi. Sai che ogni traditore mi appartiene, è mio per legge. Ogni tradimento mi dà diritto a un’uccisione.

— Adesso capisco! — esclamò il signor Castoro, in tono ironico. — Quella crede di essere la regina e invece fa da boia per conto dell’imperatore d’Oltremare. Capisco… capisco…

— Buono, buono, caro signor Castoro — disse Aslan e fece sentire un ringhio soffocato.

— Quell’essere umano mi appartiene — continuò imperterrita la strega. — Ho diritto a confiscargli la vita, a prendermi il suo sangue.

— Vieni a prendertelo, allora — esclamò il toro con la testa d’uomo: la sua voce somigliava a un profondo muggito.

— Imbecille — replicò la strega con un sorriso che era quasi una smorfia crudele. — Credi che il tuo padrone possa abolire i miei diritti con l’uso della forza? Lo sa bene, lui, cosa stabilisce la Grande Magia: se non avrò il sangue di quel traditore, Narnia sarà distrutta dall’acqua e dal fuoco. Questo dice la Grande Magia.

— È vero — mormorò Aslan. — Non posso negarlo.

— Oh, Aslan! — esclamò Susan, e poi, avvicinando le labbra all’orecchio del leone, sussurrò: — Non possiamo permetterlo. Voglio dire che tu non lo permetterai, vero? Non si può far nulla per rompere l’incantesimo? Ma tu non puoi far qualcosa contro la Grande Magia?

— Qualcosa contro quello che l’imperatore ha stabilito dall’inizio dei tempi? — chiese Aslan, volgendo alla ragazza uno sguardo lievemente accigliato.

Nessuno gli aveva proposto una cosa del genere, mai.

Edmund era a fianco di Aslan, dall’altra parte, e non staccava gli occhi da lui. Seguiva tutto quello che veniva detto e per un attimo provò l’angosciosa sensazione di dover intervenire, ma un attimo dopo fu sicuro che dovesse semplicemente stare zitto, aspettare che gli ordinassero qualcosa e obbedire.

— Ritiratevi tutti — disse improvvisamente Aslan. — Voglio parlare con la strega da solo.

Si misero infatti a parlottare vivacemente tra loro, a voce bassa. Tutti aspettavano con grande ansia, chiedendosi cosa avrebbero deciso Aslan e la Strega Bianca.

— Oh, Edmund! — esclamò a un tratto Lucy, e scoppiò in lacrime perché non ne poteva proprio più.

Peter aveva voltato le spalle e guardava lontano, verso il mare. I signori Castoro si tenevano per la zampa e restavano muti, con la testa china sul petto. I centauri non scalpitavano più e nel silenzio profondo si percepivano i minimi rumori della foresta: il frullo delle ali di un uccello, il ronzio di un calabrone, lo stormire delle foglie al vento.

E la discussione tra il leone e la strega continuava. Finalmente si udì la voce di Aslan: — Tranquillizzatevi, va tutto bene. Ho sistemato la faccenda. La strega rinuncia ai suoi diritti sul sangue di vostro fratello.

Allora si udì uno strano rumore, come se tutti, che fino a quel momento non avevano osato neanche respirare, ora tirassero insieme un gran sospiro di sollievo. La Strega Bianca se ne andava: aveva sul volto un’espressione di gioia feroce. A un certo punto si fermò e voltandosi disse: — E come faccio a essere certa che manterrai la promessa?

— Raaauug! - ruggì il leone, e fece l’atto di alzarsi dal trono dove stava seduto.

La Strega Bianca restò a guardarlo un attimo, sbalordita. Poi Aslan spalancò maggiormente la bocca, lei si raccolse la gonna tra le mani e fuggì a gambe levate.